venerdì 17 maggio 2013

Mick Jagger: Piaccio a tutti

Mick Jagger: "Piaccio a tutti
perché il rock mi diverte ancora"
<B>Mick Jagger: "Piaccio a tutti<br>perché il rock mi diverte ancora"</B> Mick Jagger
di GINO CASTALDO
ROMA - "Sono a Londra, è primavera, i fiori stanno spuntando, è molto bello". Anche al telefono Mick Jagger è uno spumeggiante, gaudente viveur del rock'n'roll, eternamente giovane, col suo vitino da vespa di cui va molto fiero, ben illustrato nel film-concerto Shine a light, diretto da Martin Scorsese (in uscita in Italia l'11 aprile, distribuito da Bim), ma questa vitalità contrasta con una lugubre notizia apparsa alcuna giorni fa.

Sembra che dopo il concerto di Altamont del 1969, dove uno degli Hells Angels scelti per il servizio d'ordine uccise un giovane nero, gli Angels avessero deciso di uccidere lo stesso Jagger, reo di aver criticato il comportamento della gang di motociclisti, e addirittura avessero provato a sbarcare dal mare per attaccare la sua villa nei pressi di New York e farlo fuori. Secondo questa tesi, fu solo una provvidenziale tempesta a sventare il complotto. Finora Jagger non ha mai voluto commentare la notizia.

Scusi Jagger, ma non si può far finta di niente, cosa si prova a scoprire di essere stati a un passo dall'essere assassinati?
"Non provo niente perché non ci credo, la notizia è stata costruita ad arte. Direi completamente falsa. E posso spiegare perché. Se l'Fbi o la polizia allora avesse scoperto una cosa del genere avrebbe dovuto avvertirci. Poteva esserci un altro tentativo, e allora sarebbero stati in guai seri. Quindi lo escludo, avrebbero dovuto per forza dircelo. Credo sia semplice spazzatura".


Invece, a proposito del film di Scorsese: fa un certo effetto anche perché sembra di stare sul palco con voi.
"Sì, è proprio questa la forza del film, come se la camera fosse parte della band".

Non pensa che la camera sia addirittura un po' troppo insolente?
"Sì è molto vicina, ma è esattamente quello che voleva fare Martin, ne abbiamo discusso all'inizio del progetto, lui diceva proprio questo: voleva essere sul palco, dentro il concerto, osservare da vicino le relazioni tra di noi".

Nel film si nota molto bene la diversità tra lei e Keith Richards. Keith dice che lei è un "power freak", perennemente attivo, mentre lui è pigro, indolente. Verrebbe da pensare che proprio questa differenza sia uno dei segreti della longevità della band. E' così?
"Sì, forse, ma Keith esagera quando dice questo. La verità è che proprio questo tipo di film esaspera le diversità. Quando metti una camera davanti a un performer si comporterà diversamente, tutto è distorto dalla camera, e perfino di più da un film, in un set non potrai mai vedere come si è veramente, e noi non potevamo non rendercene conto, c'erano venti grandi cineprese da 35 millimetri, impossibile non esserne consapevoli".

Ma è pur vero che siete diversi...
"Sì, e se per questo sono diverso anche da Charlie Watts o da Ron Wood. Questo è bene ma è anche faticoso a volte. Del resto non troverai mai una band di cinque persone che sono uguali".

C'è qualcosa che non le è piaciuto del film?
"No, quello che non mi piaceva l'ho fatto togliere". E ride di gusto.

E' vero che sta lavorando a un film tratto da una sua idea e diretto da Scorsese?
"Sì, e ora le cose stanno marciando. Si intitola The long play, è una mia idea. E' stata appena completata la terza sceneggiatura, e mi sembra quella buona. La sta scrivendo Terry Winter che ha scritto molti episodi dei Sopranos".

Reciterà nel film?
"Perché no? Non è ancora deciso nulla, ma potrebbe accadere".

All'isola di Wight ha cantato con Amy Winehouse, un grande duetto.

"Oh sì, è stato un duetto molto divertente. L'ho riascoltato in missaggio e devo dire che era davvero molto buono, ma lì abbiamo fatto anche uno strano duetto blues col quasi italiano Paolo Nutini".

In questo tour avete suonato in ogni posto immaginabile. A Rio, all'isola di Wight, al piccolo Beacon Theatre di New York dove avete girato il film. Cosa vede negli occhi del pubblico, che differenza percepisce tra ieri e oggi?
"Certe volte li vediamo molto chiaramente, come al Beacon. Vedo come la gente reagisce alla nostra musica, altre volte sono masse informi che si muovono, ma in realtà non vedo questa enorme differenza tra ieri e oggi. Dipende casomai dal posto in cui si suona, dipende in che parte del mondo sei".

Riesce ancora a divertirsi?
"Naturalmente, quasi tutte le sere mi diverto un sacco, è per questo che alla gente piace".

Ma pensiamo alle canzoni più note, tipo Satisfaction, crede che la gente possa viverle ancora oggi come attuali?
"Per ognuno è diverso. C'è gente che magari viene a un concerto degli Stones per la prima volta, per lui può essere attuale. Alcuni ci hanno visto venti volte. Rimane una esperienza molto soggettiva. Ognuno, credo, la vive a suo modo".

Non trova il passato schiacciante? Non è seccato dal fatto che tutti vogliono parlare dei tempi andati?
"Assolutamente sì. Cerco di evitarlo, non mi piace parlare troppo del passato".

Allora parliamo del futuro. Cosa ha in programma?
"Molte cose. Sto seguendo la produzione di un film chiamato "The women" che uscirà in ottobre, e sto scrivendo canzoni".

Per lei o per gli Stones?
"Sto solo scrivendo, senza un fine, mi piace fare così, mi piace scrivere senza una destinazione precisa, poi si vedrà, e comunque sono sicuro che ci sarà qualcosa da fare con gli Stones quest'anno".

Come ha fatto a ricordare la canzone in italiano, quando ha deciso di regalare al pubblico italiano di San Siro l'esecuzione di "Con le mie lacrime"?
"Oh, è stato davvero buffo. Il problema era trovare il disco, perché ovviamente non ricordavo affatto il testo in italiano. Così alla fine ho dovuto cercare la canzone su Internet, e per fortuna l'ho trovata e ho potuto ripassare il testo. Ma l'ho fatto di nascosto, non volevo che la band scoprisse cosa stavo preparando. E' stato divertente perché non l'avevo mai cantata dal vivo, neanche una volta".

(17 marzo 2008)

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