NEGRAMARO, l’intervista prima del tour, al via stasera da Genova



Negramaro (foto Massimo Sestini, clicca l'immagine per sfogliare la gallery completa)
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Negramaro (foto Massimo Sestini, clicca l'immagine per sfogliare la gallery completa)
Sul cancello della Masseria Zanzara, vecchia residenza patronale nel cuore del Salento, a pochi minuti da Lecce, un cartello avvisa: «Chiusi per ferie». Ma noi, partiti poche ore prima da Milano, sappiamo che dentro quel casale di pietra e mattoni, costruito nel Quattrocento, è al lavoro da due settimane la magia dei Negramaro. Le prove del loro «Tour 2012», al via questa sera da Genova, sono state faticose e intense, ma quando Giuliano Sangiorgi e i suoi compagni ci accolgono sono rilassati e sorridenti. «I concerti dello scorso inverno non ci sono bastati» spiega Giuliano. «Torniamo per accontentare le richieste dei nostri fan, ma anche perché non vediamo l’ora di tornare sul palco».
Quali novità avete inserito nel concerto?
«Non abbiamo modificato niente se non la scaletta, nella quale ci siamo promessi di inserire brani che non abbiamo cantato nelle date precedenti. Ogni sera definiremo la lista definitiva all’ultimo momento, poche ore prima del concerto».
Quindi ci saranno ancora i momenti di teatro con attori come Placido e Marcorè?
«Certo, stiamo definendo il cast. Abbiamo avuto molte richieste, ci piacerebbe avere per la prima volta Francesco Pannofino. Siamo suoi fan, per noi è la voce teatrale per eccellenza».
Giuliano, avete modificato qualcosa dopo il crollo del palco di Laura Pausini a Reggio Calabria e prima ancora quello di Jovanotti a Trieste?
«Canterò soltanto sul palco, rinunciando a esibirmi sulla pedana sospesa sul pubblico. E questo nonostante fosse una procedura sicura e testata da me in prima persona. Proveremo a semplificare gli allestimenti dei nostri concerti. È bello sorprendere il pubblico, ma in Italia devono garantirci di poterlo fare. Non possiamo costruire palchi enormi dentro strutture che non possono contenerli».
Questa masseria è a pochi chilometri dalle vostre famiglie.
«Quelle poche volte che torno qui, il contatto con i miei genitori e i miei cari mi dà una grande energia positiva, e so che questo vale anche per gli altri. Ogni volta mi rendo conto di quante cose mi perdo mentre sono lontano. Ma non è un rimpianto, il mio lavoro è una mia scelta. Sto dedicando quasi tutto il mio tempo a un sogno che, finché sarà vivo, renderà meno pesante la distanza dai miei affetti. Ma so che quando il sogno svanirà, questa distanza diventerà forse insopportabile».
In questi giorni avete trovato il tempo per iniziare a lavorare a un nuovo album?
«Abbiamo già tantissimo materiale su cui inizieremo a lavorare in estate, dopo il tour. I primi provini li abbiamo fatti a febbraio, sfruttando la carica ricevuta dai live invernali».
In quale direzione andranno le canzoni?
«Ci stiamo misurando con cose che in passato non avremmo mai fatto. Ora siamo in grado di gestire suoni nuovi, più puliti. Forse meno rock che in passato, ma non per questo meno aggressivi».
C’è un momento che viene ricordato poco dei vostri dieci anni di carriera?
«Molti pensano che i Negramaro siano nati a Sanremo nel 2005 con “Mentre tutto scorre”, dimenticando completamente il prima, che per noi è stato e rimane fondamentale. In quegli anni ci siamo un po’ inventati, da autodidatti. Ed è così che siamo diventati del tutto indipendenti, confrontandoci in totale libertà soltanto con i primi fan, che poi sono gli stessi che ancora oggi rappresentano il nostro zoccolo duro».
E oggi per lei, Giuliano, che cosa conta di più?
«Rimanere uniti con il gruppo, al di là della musica. Ormai la mia famiglia sono loro. Se sto male con i Negramaro sto male con tutti. È una vita ormai che stiamo insieme».
In questi anni il vostro rapporto ha mai vissuto una vera crisi?
«Non ce n’è mai stata una. Siamo noi le mura della nostra casa. Prima stavamo insieme perché volevamo suonare, oggi suoniamo perché vogliamo stare insieme. Senza di loro oggi sarei fuori di me e avrei detto più sì e meno no».
Per esempio?
«Ho rifiutato di entrare nel cast di un talent show. Davanti a quella cifra chiunque altro, forse, avrebbe accettato. Ma io ho detto no perché una cosa del genere avrebbe minato alla base il gruppo. Io voglio restare con i miei fratelli, vivere di notte, girare per strada e prendere in faccia i cazzotti morali della gente che mi critica e mi odia. E ogni tanto tornare qui, in un posto sperduto del Salento, a provare un nuovo tour».
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Scritto da: Alessandro Alicandri


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