venerdì 24 maggio 2013




LUNEDì 20 MAGGIO 2013 17:47 EVENTI E SPETTACOLI




In occasione della presentazione del primo album da solista di Mimmo Parisi, che porta il nome di "Quando Non 6 Totti O Ligabue", Popmusic lo intervista telefonicamente.

Mimmo, finalmente il primo album da solista; da cosa nasce questa tua esigenza individualista?

«Nasce dal non voler fare compromessi nella musica e nella vita. Ho sempre scritto musica per necessità psicologica e non certo per scelte commerciali. Ma quando nella musica subentrano, appunto, compromessi o addirittura obblighi l'incanto finisce e non mi piace più. Per cui ho deciso d'intraprendere la carriera da solista e di fare un album esattamente come lo volevo io, cercando di curare personalmente ogni cosa e nel minimo dettaglio, mettendo dentro tutto quello che ho».

Questo è il tuo primo cd da solista e non porta il tuo nome; questo significa che...?

«All'inizio avevo un po’ di dubbi sul titolo, volevo chiamarlo come me, semplicemente Mimmo Parisi, poi ho fatto una scelta meno, come dici tu, individualista e l’ho chiamato “Quando Non 6 Totti O Ligabue”, la title-track che poi è un po’ il manifesto dell'album stesso. Alla fine quando l'ho ascoltato per intero mi sono reso conto che era stata la soluzione giusta.

L'intero album, come tu stesso dichiari, ti rappresenta in pieno, ma qual è il brano a cui senti di essere più carnalmente legato?

«Sono tutte mie riflessioni, pezzi di me. Racconto di emozioni realmente vissute, che, come sai, nascono da ispirazioni reali, sono tutte parti del mio io. Sicuramente, però, il primo brano, "Quando Non 6 Totti O Ligabue", che indico sempre come il manifesto dell'album, lo sento ancora più mio, perché sottolinea e parla di me ma ancor di più dei rapporti interpersonali che intrappolano tutti: ‘Chi sei? Tizio? Va bene se ne può parlare. Chi sei? …Beh, sai io ancora non sono, però ci sto lavorando e… Uhm, amico mio, ripassi lunedì’: non si sfugge a questo atteggiamento sbrigativo. Nessuno ha più voglia di stare ad ascoltarti. Ti vogliono già pronto da immetterti nel contesto lavorativo, scientifico, artistico ecc. Come se lo stesso Raffaello non abbia fatto bottega prima di diventare il Grande che viene ricordato in tutti i contesti culturali!

Parisi, ma tu nasci cantautore come, che so, De Andrè, Ciampi o Cohen, o il tuo bakground è di origine diversa?

«No, io provengo dall’esperienza delle band. Sai quelle cose che si fanno sin da quando sei ragazzino. Ti innamori di una chitarra. Ti innamori di una ragazzina. Ti innamori della musica. Ti innamori di una band. Ti innamori di un genere musicale e… tutto questo ti porta poi a trovarti, con il tempo che passa, a baloccarti sempre con le canzoni e il rock e a chiederti quando passerà questa storia. Per esperienza personale posso assicurare a quelli che percorrono il mio stesso sentiero, che non passa. Il rock è come una malattia esantematica che ti porti dietro anche da adulto. La terapia, l’unica conosciuta è quella di suonare, scrivere canzoni, arrangiamenti e buttare fuori tutto l’elaborato neuronico. Puoi tentare altre strade, ma non assicuro niente!
Interessante! E, come si chiamava la tua band?
«Ci sono state diverse band che mi hanno visto partecipe. Tuttavia la più longeva e quella che era partita con un tiro di tipo professionale, nel senso di ‘non stiamo solo qua a fare le rockstar per giocare’ si chiama Bolero.

Bolero? Ma facevate gipsy, stile etnico iberico o…

(Risata!) “No, no. Il genere era il pop rock. Sai, abbiamo sempre usato arrangiamenti con belle chitarre e tastiere in evidenza, più una sezione ritmica corposa. A volte molti dichiarano di fare rock, ma a poi alla prova dei fatti si sentono poche influenze di quel genere. Insomma il carattere di un certo stile è quello che è, non puoi transigere. Mi ricordo una bravissima band, mi sembra si chiamassero Quinto Rigo o giù di lì, beh, loro erano lodevoli veramente. Il cantante era una delle cose più sperimentali che abbaia mai ascoltato, tuttavia avrebbero bisogno di un’altra definizione.

“Quando Non 6 Totti O Ligabue”. Come se ne esce da situazioni del genere? Voglio dire nella vita di tutti i giorni come si può essere normali senza guardare a chi ci sembra stia meglio di noi?

«Beh, la risposta te la sei data da solo: ‘a chi ci sembra stia meglio di noi’, hai aggiunto alla domanda. Il verbo ‘sembrare’ è la chiave di volta per essere tranquillamente quello che si è. Non vedo alcun bisogno di pensare alla vita degli altri. Tanto più se gli altri ‘sembrano’ stare meglio! Ognuno dovrebbe svolgere la propria esistenza in completa empatia con i propri talenti, di qualsiasi tipo essi siano, di marca scientifica, pragmatica, professionale ecc. L’ottimo Friedrich Wilelm Nietzie  ha scritto a proposito ‘Come Si Diventa Quello Che Si E’’, lo consiglio. Così non saremo  manichini che simboleggiano dei corpi asettici e senza anima ma quello che invece vorremmo fare uscire fuori oggi e sempre. Bisogna essere sempre se stessi, mai vuoti o banali, per levarsi quelle maschere che ognuno di noi porta o è costretto a volte ad indossare».

Ma, per tornare alle tue origini artistiche, perché è finito il sodalizio con la tua band?

“Il fatto è che negli ultimi anni si era creato un momento di stallo, non ci si muoveva, nè avanti né indietro, né su né giù. L’inerzia si era impadronito della passione di fare iniziale. Poi il tutto era peggiorato da tentativi di cambi stilistici e, negli ultimissimi tempi, da confusione di ruoli. In situazioni del genere l’unica via possibile è quella di allontanarsi civilmente. Come ho detto all’inizio di questa nostra chiacchierata, io ho sempre scritto musica per necessità psicologica e non certo per scelte commerciali, quindi quando non si vuole accettare il fatto che l’equilibrio di un qualsiasi organismo, quindi anche quello di una band, è dato da spazi e responsabilità precise, l’esito purtroppo è infausto.

Ho capito. Bene, è stato un piacere fare quattro chiacchiere con te e, visto che stai iniziando una carriera nuova di zecca, ti auguro in bocca al lupo e, mi raccomando, appena pubblichi qualcosa d’altro, io sono sempre pronto ad ascoltarti.

Crepi il lupo e, se permetti sono io che ti ringrazio e, certamente mi rifarò vivo per le mie prossime mosse artistiche: non mancherò.


Questa è la tracklist dell'album "Quando Non 6 Totti O Ligabue": “Quando Non 6 Totti O Ligabue”; “A Berlino”; “Ma Tutto Cambia”; “Stella Cadente”; “Arrendetevi Siete Circondati”; “Tempi Duri”; “Bolerock”; “Sky”.

Si ringrazia Mimmo Parisi per la cortese e gentile disponibilità e, per l'accoglienza riservata alla nostra testata editoriale
Fonte foto: Rosy Stefani, Carlo Genova, Marco Leonida


Qui http://www.rockit.it/mimmoparisi potete ascoltare e scaricare gratuitamente i brani di «Quando Non 6 Totti O Ligabue»

Questo è il link per il canale youtube di Mimmo Parisi: http://www.youtube.com/user/zakkwil

9 commenti:

  1. I bambini di oggi hanno visto cose che
    Blade Runner non poteva neppure immaginare.
    Hanno visto le torri gemelle di Manhattan
    precipitare nel gorgo dei Pokemon.
    E hanno visto Dragonball -zeta sventolare
    un fazzoletto bianco prima di morire, perché
    un aereo si era infilzato sulla sua testa... Ciao Mimmo!

    RispondiElimina
  2. Dal calcolo e dal compromesso nascono solo amori pesanti.
    Dalle valutazioni dei portafogli,dagli inciuci sentimental-politici-commerciali tra uomo e donna si formano solo coppie pesanti.
    Che sono poi le coppie scoppiate di oggi.
    Gli inseparabili che presto o tardi si separano, dopo le guerre casalinghe,gli afghanistan in famiglia,i "messi insieme" che si sciolgono tra rinfacci,menzogne e corna reciproche!
    Per nostra fortuna c'è gente che scrive parole e note non per far dondolare semplicemente la testa, ma per riempirla. Un abbraccio. Bella interpretazione e arrangiamenti ponderati.

    RispondiElimina
  3. Ma sta diventando maledettamente difficile innamorarsi, vero?
    Di uno sconosciuto, ovvio;dell'anima straniera; dell'altro che fino a ieri non c'era e oggi c'è.
    Nell'innamorarsi è proprio questo il succo: andare allo sbaraglio,senza indirizzi,coordinate,bussole: ci piace un tale,perchè quando è passato ci è parso una cometa,ed il nostro cielo si è sentito vuoto a metà, si è ritirato,come se al sole venisse a mancare meno la luna,e viceversa. Ma innamorarsi di un album come quello di Mimmo Parisi è ancora possibile, anche perchè lui 'parla' solo quando ne hai bisogno!

    RispondiElimina
  4. Un uomo che guarda un muro è solo un uomo che guarda un muro; ma se due uomini guardano lo stesso muro e chiedono a Mimmo Parisi che si fa, quello risponderà che bisogna abbatterlo: è il principio di un'evasione. Dal grigio della vita. 'Quando Non 6 Totti o Ligabue' è già un passo avanti verso quel destino e mi piace.

    RispondiElimina
  5. Ciao raga,a commento di "Ma Tutto Cambia" vorrei aggiungere:
    'Ed è di nuovo notte
    Sulle fiocche luci del mio cuore,
    notte che avvolge nel silenzio.
    Il battito del mio cuore.
    Silenzio tetro e terrificante
    che annichilisce ogni speranza,
    tramontata oramai con due semplici parole
    Ti amo!', mi sembra che ci stia bene.

    RispondiElimina
  6. Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è la rinascita. Quando ci si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. Che uno dice: è finita. No, non è mai finita per chi cerca. Bisogna rialzarsi sempre, anche quando non si crede più a niente, anche se non vuole. Anche quando, come in questa splendida canzone di Mimmo Parisi, contenuta nel suo album d'esordio "Quando Non 6 Totti O Ligabue" lei se ne va e tutto cambia, anzi Tutto Cambia! Grande emozione e sincerità per tutto lo svolgersi del brano.

    RispondiElimina
  7. Mi piaceva anche sentire quel leggerissimo e delicato dolore quando ci salutavamo prima di lasciarci. E nell’arco di tempo da quel momento a quando poi l’avrei rivisto, coltivavo l’amore per lui osservando e vivendo il mondo. Raccoglievo l’amore per il mondo per poterglielo donare e raccontare. Tutto mi diceva che dovevo vivere. Si chiamava nè Totti, nè Ligabue, non l'ho mai saputo e non ho mai avuto il tempo di dedicargli alcunchè di quello che ho scritto pocanzi, ma avrei voluto, se solo fossi stata meno superficiale. Io invece mi chiamo Jenny e l'ho incontrato all'Ikea, ormai tanto tempo fa.

    RispondiElimina
  8. Non è vero che esiste sempre una scelta giusta e una sbagliata, ho pensato. Possono essere tutte e due giuste o sbagliate, in ogni caso impraticabili contemporaneamente. Comunque sia, le scelte non le possiamo scegliere perchè si presentano solo loro. Voglio dire che per quanto uno possa scegliere, le possibilità date sono sempre poche, e tra quelle poche non è detto che ci sia quella che piace a noi. Tuttavia quelli che trattano il prossimo solo riconoscendoli attraverso il titolo o la fama o qualunque altro aggeggio sociale che li faccia appartenere a un' elite del cavolo, quelli li possiamo non scegliere e tenere a bada e possiamo chiamarli con il loro nome: leccapiedi.

    RispondiElimina
  9. I dolori più forti, quelli più intensi, quelli che nemmeno si vedono. Quelli che nonostante noi ci mettiamo tutto l'impegno del mondo per scacciarli e non abbatterci; "ci mettono a terra" senza scampo. I dolori più forti ce li portiamo dentro e nemmeno il tempo riuscirà a cancellarli. Tuttavia bisogna che la strada venga percorsa con un minimo di serenità. Poi bisogna accettare le asperità. Ciao Mimmo.

    RispondiElimina